Richiesta di parere in materia di buoni pasto e utilizzo del proprio mezzo durante le trasferte.
29 agosto 2016
Protocollo n. 700
QUESITO
1.
Il precedente Segretario comunale nel 2013 ha affisso un avviso nel quale ha autorizzato i dipendenti a fruire del pasto in locali non predeterminati con rimborso dell'importo equivalente al buono pasto, in considerazione della particolarità del territorio e delle chiusure e aperture dei locali in ragione dei flussi turistici.
Recentemente è emerso che lo stesso, a seguito delle richieste di alcuni dipendenti, ha autorizzato verbalmente anche il rimborso degli scontrini dei negozi per coloro che consumano il pasto in sede e che al mattino acquistano panino e bibita.
Vorrei sapere se questo è ammissibile e, se si, se è opportuno un atto motivato del Segretario comunale.
2.
Dal 2013 viene autorizzato l'uso dell'auto propria in quanto più conveniente in termini di tempo impiegato dai dipendenti che, in gran parte, abitano in bassa valle. Il rimborso riconosciuto è quello del costo del mezzo pubblico o, dove non è possibile fruirne, quello del carburante.
Qualora spettante, si procede anche al rimborso del costo del pasto.
Il provvedimento si applica sia ai dipendenti che al segretario comunale.
E' corretto, in applicazione dell'art. 036 del T.U. della dirigenza e con i vincoli imposti dal D.L. n. 78/2010, rimborsare i costi di trasferta anche al segretario comunale?
PARERE
Si dà seguito alla corrispondenza intercorsa con la quale si chiedono delucidazione in materia di buoni pasto e di utilizzazione del proprio mezzo di trasporto per l’effettuazione di trasferte, si rassegnano le seguenti conclusioni.
Per quanto concerne i buoni pasto il dubbio concerne essenzialmente la possibilità di riconoscerne l’utilizzazione anche qualora il dipendente presenti unicamente uno scontrino fiscale privo di ogni indicazione circa la natura e la quantità dei beni acquistati. A tale proposito si deve necessariamente rammentare, come già segnalato in via informale, che col parere n. 299/2012 questa Agenzia si era espressa nel senso che il dipendente ha il dovere di consumare il pasto nei locali convenzionati e che in mancanza di detti locali non vi è altra scelta se non quella di provvedere ad ulteriori convenzioni. A ciò consegue che nel caso segnalato da codesta Amministrazione comunale si deve, in primo luogo, accertare se le pezze giustificative presentate dal dipendente provengano o meno da un locale convenzionato in quanto in caso negativo il dipendente non potrebbe fruire del servizio mensa e, pertanto, non si pone neppure il problema della accettabilità o meno dello scontrino; in caso affermativo, invece, codesta Amministrazione può e deve pretendere che l’esercente rilasci un documento fiscale che consenta all’Amministrazione di accertare se vi sia stata fruizione del pasto ovvero se il beneficio sia stato sfruttato ad altri fini. Resta fermo che la fruizione del buono pasto può avvenire nel rispetto delle regole previste dal Testo unico e, pertanto, l’amministrazione deve anche controllare che il dipendente fosse effettivamente in servizio, che vi sia stata attività lavorativa al mattino ed al pomeriggio e che vi sia l’utilizzazione di un solo buono pasto per giorno di lavoro.
Relativamente all’uso dell’automezzo proprio da parte del dipendente comandato in trasferta in relazione alla disposizione di cui all’art. 6, comma 12 del D.L. n. 78/2010, questa Agenzia non può non rilevare che, trattandosi di applicazione di una norma di legge, l’interpretazione del detto disposto normativo esula dalle proprie competenze ma che, in un’ottica di fattiva collaborazione, provvede a esporre quanto segue fermo restando che ciò rappresenta unicamente l’opinione dell’Agenzia stessa.
Il comma 12 dell’art. 6 del D.L. n. 78/2010, oltre ad aver soppresso l’indennità di missione (con l’eccezione di alcuni casi) ha abrogato per il personale contrattualizzato di cui al D. lgs. n. 165/2001 anche –ultimo periodo- gli articoli 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e 8 della legge 26 luglio 1978, n. 248 i quali, rispettivamente, prevedevano l’autorizzazione all’uso del mezzo proprio per il personale ispettivo nell’ambito della circoscrizione territoriale di competenza e la quantificazione della relativa indennità e delle altre spese rimborsabili.
Curiosamente risulta ancora vigente l’articolo 9 della legge n. 417/1978 che consente l’uso del mezzo proprio anche oltre i limiti della circoscrizione provinciale qualora particolari esigenze di servizio lo impongano e ciò risulti più conveniente.
Rimane da segnalare, inoltre, che la sopraccitata abrogazione apportata dall’art. 6 del D.L. n. 78/2010 riguardando il rimborso dei costi di trasferta previsti per lo svolgimento di funzioni ispettive, parrebbe permettere che le altre tipologie di trasferta (es.:partecipazione ad un corso di aggiornamento, ovvero svolgimento della propria attività di servizio come nel caso delle assistenti domiciliari) possano ancora veder rimborsati i relativi costi.
Per quanto concerne, poi, l’ambito applicativo del suesposto quadro normativo non pare a questa Agenzia che si possa desumere una differenziazione tra Categorie e Dirigenti nel senso che le norme dell’art. 6 del D. L. n. 78/2010 appaiono trasversali riguardando tutto il personale e, conseguentemente, la possibilità di attribuire o non attribuire il rimborso delle spese di trasferta è applicabile in modo indifferenziato tanto più che gli articoli riguardanti la trasferta nel Testo unico delle Categorie e in quello della Dirigenza sono praticamente quasi identiche.
L’Amministrazione regionale, con nota prot. 6625/LEG del giorno 04 ottobre 2010 indirizzata, per quanto qui interessa, anche agli enti locali riteneva, in sede di primo approccio a quanto disposto dal D.L. n. 78/2010, che le previsioni dell’art. 6 “… non si limitano a porre principii fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ma costituiscono, nei fatti, disposizioni autoapplicative e che … appaiono direttamente applicabili agli enti locali.”. E ciò nonostante il comma 20 del medesimo articolo 6 stabilisca “le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e a gli enti del servizio sanitario nazionale …”.
La Corte costituzionale, con decisione n. 139/2012, ha adottato una interpretazione differente rispetto a quella sopra riportata e al punto 6 del “Considerato in diritto” sancisce: “L’art. 6 citato consente un processo di induzione che, partendo da un apprezzamento non atomistico, ma globale, dei precetti in gioco conduce all’isolamento di un principio comune. In base a tale principio, le Regioni devono ridurre le spese di funzionamento amministrativo di un ammontare complessivo non inferiore a quello disposto dall’art. 6 per lo Stato. Ne deriva che il medesimo articolo non intende imporre alle Regioni l’osservanza puntuale ed incondizionata dei singoli precetti di cui si compone e può considerarsi espressione di un principio fondamentale della finanza pubblica. … il comma 20 dell’art. 6 autorizza le Regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, a determinare sulla base di una valutazione globale dei limiti di spesa puntuali dettati dall’art. 6, l’ammontare complessivo dei risparmi da conseguire e, quindi, a modulare in modo discrezionale, tenendo fermo quel vincolo, le percentuali di riduzione delle singole voci di spesa contemplate dall’art. 6.”.
Come si vede il quadro normativo ed interpretativo è quanto mai articolato e costellato di dubbi ma a fare un poco di chiarezza è intervenuta la Corte dei Conti che a sezioni unite con il parere n. 8 del 7 febbraio 2011 ha, in estrema sintesi, statuito che le disposizioni contenute nell’articolo 6 del D.L. n. 78/2010 inibiscono non tanto l’uso della autovettura propria (che peraltro vige ancora in base all’art. 9 della legge n. 417/1978 come già sopra accennato) quanto piuttosto il diritto ad ottenere il rimborso chilometrico e delle altre spese contemplate dall’art. 8 della legge n. 417/1978 permanendo il diritto per il dipendente di ottenere dall’ente di appartenenza unicamente la copertura assicurativa. Ciò, però, non impedisce che “Le disposizioni interne delle singole amministrazioni possano prevedere, in caso di autorizzazione all’uso del mezzo proprio, un indennizzo corrispondente alla somma che il dipendente avrebbe speso ove fosse ricorso ai trasporti pubblici, ove ciò determini un più efficace espletamento dell’attività, garantendo, ad esempio, un più rapido rientro in servizio, risparmi nel pernottamento, l’espletamento di un maggior numero di interventi.”.
Pare quindi, in conclusione, che il percorso utilizzato da codesta Amministrazione possa trovare il proprio supporto nel sopraccitato parere della Corte dei Conti e, ferme restando tutte le valutazioni necessarie per consentire un regolare rimborso degli oneri sostenuti dal dipendente, codesta Amministrazione potrà effettuare la necessaria comparazione al fine di decidere se l’attuale disciplina contenuta nel provvedimento amministrativo n. 155/2015 sia in linea o meno con l’orientamento della Corte stessa.