quesito in merito alla liquidazione del salario di risultato anno 2005.

Data:

17 maggio 2006

Riferimenti:

QUESITO

 

Con determina del Segretario Comunale n. 103 in data 8.8.2005 veniva quantificato il fondo aziendale ai sensi dell'art. 41 del CCRL 12.6.2000 per l'esercizio 2005. In data 20.10.2005 veniva siglato l'accordo con le Delegazioni Sindacali e stabilito l'importo del FUA al netto delle indennità di vigilanza, rischio, turno ecc.., delle somme destinate ai sensi dell'art. 5 lettera g e dei conferimenti ai responsabili dei servizi.
Al fine di ripartire il fondo tra i dipendenti interessati è stato stabilito un criterio matematico in rapporto alla valutazione attribuita, alla posizione economica e al servizio prestato nel seguente modo:

 
Valutazione:
OTTIMO ( valutazione da punti 17 a 20) Parametro 35
DISTINTO ( " 13 a 16,99) 30
BUONO ( valutazione da punti 8 a 12,99) Parametro 25
SUFFICIENTE ( " 5 a 7,99) Parametro 10
INSUFFICIENTE (" O a 4,99) Parametro POSIZIONE ECONOMICA
A=100; B1= 108; B2= 113; B3= 117; Cl= 121; C2= 137;D= 154

 
Precisando che i parametri di cui sopra dovranno essere rapportati al periodo di effettivo servizio e all'orario effettuato ridotto in rapporto alle assenze secondo i seguenti parametri:
Nessuna riduzione fino a 20 giorni. Il montante del salario di risultato per dipendente è ridotto in base alle assenze dal servizio (dal 21 ° giorno in poi) arrotondato alla giornata per difetto, con esclusione dal conteggio, delle ferie, delle festività soppresse, dei congedi fruiti ai sensi della L. 104/92, delle assenze per infortuni sul lavoro, del periodo di astensione obbligatoria per maternità. Tutti i dipendenti hanno avuto una valutazione con parametro 135 per cui l'importo è stato parametrato con la posizione economica con riduzione in base alle assenze.
Alla fine del mese di gennaio 2006 sono state liquidate le relative spettanze. In data 2.2.2006 una dipendente di ruolo a tempo indeterminato Posizione B2 restituiva la somma netta percepita pari ad euro 284,17 (lordo 465,58 e cioè 474,68 dedotti euro 9,10 perché dedotti 7 giorni di mutua su 27) perché "pur ringraziando della valutazione ottimo, non riteneva l'importo liquidatole un riscontro economico".
I dipendenti del Comune (tranne le addette ai servizi della microcomunità) hanno inviato una lettera nella quale fanno presente di essere venuti a conoscenza della restituzione della somma da parte della dipendente e ritenendo che il Comune non possa considerare economia di spesa tale importo, considerando altresì l'esiguità della somma che ognuno percepirebbe se restituita riparametrandola su 21 dipendenti, invitano l'Amministrazione Comunale ad acquistare con tale somma materiale per la scuola materna e per la microcomunità presente sul territorio comunale.
Alla luce di quanto su esposto si richiede a codesta spettabile Agenzia
1) Se l'ammontare della somma restituita dalla dipendente avrebbe dovuto essere quella lorda;
2) Il comportamento da seguire ad avvenuta restituzione della somma liquidata.

 

PARERE

Facendo seguito alla Vs. richiesta di parere formulata con nota prot. 2125 in data 17 maggio 2006, pari oggetto, si comunica quanto segue.
E' necessario premettere che con la liquidazione di cui in oggetto codesta Amministrazione comunale altro non ha fatto se non adempiere ad un preciso disposto contrattuale (articolo 39 del C.C.R.L. 12 giugno 2000).
Il diritto alla retribuzione trova la propria consacrazione nel disposto di cui all'articolo 36, primo comma della Costituzione e da ciò si potrebbe far discendere l'indisponibilità e l'irrinunciabilità di tale diritto e, di conseguenza, la nullità degli atti di disposizione dello stesso.
L'articolo 2113 del Codice civile, però, sancisce che le rinunzie che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge o dei contratti o degli accordi collettivi non sono valide. E' necessario, pertanto, stabilire quale sia il grado di invalidità cui la norma codicistica fa rinvio.
A tale proposito giova segnalare che la giurisprudenza ha assunto in relazione alla rinuncia alla retribuzione posizioni differenziate distinguendo gli effetti della rinuncia a seconda che questa intervenga preventivamente all'acquisizione del diritto ovvero a diritto già acquisito. Ne consegue che qualora la rinuncia fosse preventiva si avrebbe nullità della stessa ex art. 1418 del Codice civile, mentre qualora fosse successiva risulterebbe annullabile ex art. 2113 del Codice civile. Si può affermare, cioè, che la giurisprudenza ritiene sempre radicalmente nulla la rinuncia preventiva ai diritti (tra i quali anche quelli patrimoniali) derivanti da norme inderogabili concernenti il rapporto di lavoro mentre ne sancisce, più semplicemente, l'annullabilità qualora tali diritti siano già entrati nel "patrimonio" del lavoratore.
"La rinuncia del lavoratore subordinato a diritti futuri ed eventuali è radicalmente nulla ai sensi dell'art. 1418 e non annullabile previa impugnazione da proporsi nel termine di cui all'art. 2113 riferendosi tale ultima norma ad atti dispositivi di diritti già acquisiti e non ad una rinuncia preventiva, come tale incidente sul momento genetico dei suddetti diritti." (Cass. 14 dicembre 1998, n. 12.548). E, ancora:
"La rinunzia al diritto alla retribuzione in corrispettivo della prestazione lavorativa previsto e tutelato dalla Costituzione e dal Codice civile quando sia anteriore alla maturazione del diritto è viziata da nullità assoluta e soltanto quando esso sia acquisito al patrimonio del titolare l'invalidità stabilita dall'art. 2113 per le rinunzie e le transazioni relative ai diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili di legge si qualifica come ipotesi non di nullità assoluta ma di annullabilità condizionata all'esercizio della facoltà di impugnazione nel termine perentorio di cui allo stesso articolo." (Cass. 13 luglio 1998, n. 6.857).
"La rinuncia preventiva del lavoratore subordinato a futuri, eventuali e non precisati diritti è radicalmente nulla ai sensi dell'art. 1418 cod. civ., e non semplicemente annullabile con l'esercizio della facoltà di impugnazione nel termine perentorio previsto dall'art. 2113 cod. civ., disposizione che concerne i diritti maturati, concreti e individuati dal rinunciante." (Cass., Sez. lavoro, n. 1622 del 15 febbraio 1988 e conforme Sez. lavoro, n. 3093 del 13 marzo 1992).
Atteso quanto sopra vi è solamente da rilevare, relativamente al caso di specie, che l'annullabilità della rinuncia trova la propria disciplina, come già accennato, nell'articolo 2113 del Codice civile e che, pertanto, permette l'azionamento delle tutele ivi contemplate; si vedano a tale proposito i commi secondo e terzo del citato articolo.
Parrebbe, pertanto, potersi concludere che, pur non essendo valida, la rinuncia effettuata su una parte della retribuzione, continui a spiegare i propri effetti fino all'eventuale impugnazione.
Relativamente al "quantum" della restituzione, si rileva che la medesima dovrà essere limitata all'importo netto percepito dalla dipendente e che tale somma potrebbe essere depositata presso un istituto di credito restando a disposizione della dipendente stessa, la quale dovrà esserne resa edotta.

Contratto correlato