Quesiti e pareri

Legge 5 febbraio 1992, n. 104 e D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66

QUESITO

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L'articolo 33, comma 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 prevede la possibilità per il lavoratore che assiste una persona con handicap in situazione di gravità di fruire di 3 giorni di permesso mensile. I Contratti collettivi nazionali di lavoro del 6 luglio 1995 e del 14 settembre 2000 hanno previsto che tali permessi possano essere fruiti anche ad ore, con un limite massimo di 18 ore mensili. Poiché nel Contratto collettivo regionale di lavoro non sembrano esservi disposizioni particolari relative all'istituto di cui sopra, si chiede se sia possibile continuare ad applicare la modalità di godimento introdotta dai CCNL per agevolare ulteriormente le esigenze dei dipendenti pubblici o se si debba unicamente fare riferimento alla legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Si chiede, inoltre, un chiarimento circa la disposizione dell'articolo 11, comma 2 , lettera c) del Decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 il quale prevede che non sono obbligati a prestare lavoro notturno i lavoratori che abbiano a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104. In particolare, si chiede se:
- la nozione di "soggetto a carico" si riferisca a persona comunque convivente o, più genericamente, a parente o affine entro il terzo grado con handicap grave ai sensi della Legge 104/1992;
- può beneficiare di tale esenzione unicamente chi usufruisce anche dei permessi previsti dalla legge 104/1992;
- per beneficiare dell'esenzione in questione occorre essere l'unica persona in grado di prestare assistenza al disabile o se, per un unico soggetto disabile, possono godere di tale beneficio due o più lavoratori (ad esempio due sorelle per il padre disabile).

 

PARERE

 

In relazione ai quesiti formulati con Vs. nota prot. 3096 del giorno 11 maggio 2007 circa l’applicazione della legge n. 104/1992 in relazione alle previsioni contenute nel d. lgs. n. 66/2003 e nei vigenti contratti nazionale e regionale delle categorie del pubblico impiego, è necessario premettere che i quesiti posti, concernendo in larga misura l’applicazione di leggi, esulano dalla competenza dell’A.R.R.S. ma che, in un’ottica di fattiva collaborazione, si ritiene di fornire comunque le indicazioni richieste fermo restando che le stesse hanno valore puramente limitato al fatto di rappresentare l’opinione di questa Agenzia.
Si formulano, pertanto, le seguenti osservazioni.
Per quanto concerne la possibilità di fruire ad ore dei permessi di cui all’articolo 33, terzo comma della legge n. 104/1992 secondo il disposto dei C.C.N.L. anziché a giorni come stabilito dalla norma testé citata, si ritiene che non possa trovare applicazione la disposizione contrattuale nazionale in quanto il C.C.R.L. 24 dicembre 2002 non ha contemplato una disposizione analoga ma, invece, all’articolo 8, settimo comma ha previsto espressamente che “I permessi di cui al punto e) del comma 1 sono cumulabili con quelli previsti per l’assistenza delle persone handicappate dall’art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e successive modificazioni.”. Il vigente contratto collettivo regionale, pertanto, ha fatto espresso rinvio alla normativa speciale in materia di tutela dell’handicap e non alla contrattazione nazionale; a ciò consegue che per quanto concerne le modalità di fruizione dei permessi in argomento si debbano applicare le relative disposizioni contenute nella legge n. 104/1992.
Si tenga presente, comunque, che a tale proposito l’INPS con due messaggi dei giorni 18 e 28 giugno 2007, qui allegati in copia, ha comunicato la possibilità di fruizione di detti permessi anche ad ore indicandone l’algoritmo per la conversione in ore.
Relativamente ai dubbi manifestati circa l’applicazione del decreto legislativo n. 66/2003 in relazione alle disposizioni della legge n. 104/1992 si rileva quanto segue.
E’ necessario premettere che la formulazione dell’articolo 11 secondo comma, lettera c) del decreto legislativo n. 66/2003 pare sufficientemente chiara in quanto stabilisce che fra coloro che non sono obbligati a prestare il lavoro notturno rientrano la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile grave ai sensi della legge n. 104/1992; tale espresso rinvio pare, pertanto, autorizzare a ritenere che si debba fare riferimento a quanto disposto dalla legge stessa ed anche, pertanto, con riguardo all’individuazione dei soggetti conviventi che consentono di beneficiare dei permessi ivi previsti (parente o affine entro il terzo grado).
Per quanto concerne la problematica riguardante l’ipotizzata connessione tra il beneficio dell’eventuale esenzione dal lavoro notturno per coloro che hanno a carico soggetti portatori di handicap e la fruizione dei giorni di permesso retribuito, si ritiene di poter affermare che trattasi di due istituti distinti. Non vi è dubbio, infatti, che l’avere a carico un soggetto handicappato trova nella legislazione vigente varie forme di tutela, una delle quali è rappresentata dai permessi retribuiti mensili ed un’altra dalle limitazioni poste al lavoro notturno.
Non pare, quindi, che vi siano elementi che autorizzino a ritenere che i due istituti siano intimamente connessi al punto di prevederne la fruizione unicamente in modo congiunto Una cosa, infatti, è il beneficio dei permessi che è limitato a tre giorni al mese, un’altra è la possibile esenzione dal lavoro notturno che non soffre limitazioni quantitative o temporali. Se tali benefici fossero indissolubilmente legati tra loro, è presumibile che le norme lo avrebbero specificato. Non va nemmeno sottaciuto che i due benefici in esame sono contemplati da normative differenti.
Si tenga comunque conto, a tale proposito, di un aspetto di assoluto rilievo: bisogna rammentare, cioè, che l’articolo, 11 secondo comma del d. lgs. n. 66/2003 contiene l’indicazione di una categoria di lavoratori che non devono essere adibiti a lavoro notturno: è il caso delle donne a partire dall’accertamento dello stato di gravidanza e fino al compimento di un anno di vita del bambino. La stessa norma stabilisce, invece, negli altri casi (lettere “a”, “b” e “c”) che i lavoratori ivi contemplati non sono obbligati a prestare il lavoro notturno e, pertanto, mentre il primo caso contiene un divieto assoluto, negli altri casi se il lavoratore acconsente può essere adibito al lavoro notturno.
Anche per quanto riguarda l’ultimo quesito posto da codesta Comunità montana è necessario partire dal dettato testuale della lettera “c” del secondo comma dell’articolo 11 del d. lgs. n. 66/2003. La norma, giova ripeterlo, sancisce che il lavoratore o la lavoratrice che abbia a proprio carico un soggetto disabile ex l. n. 104/1992 non può essere obbligato a prestare lavoro notturno; il dato testuale, quindi, pare fare riferimento ad un solo soggetto (infatti usa il singolare tanto per il soggetto quanto per il verbo ed usa una disgiuntiva) lasciando intendere che l’assistenza possa essere prestata da un solo soggetto. I lavoratori, pertanto, potranno alternarsi nell’opera di assistenza e allorquando siano in ciò impegnati potranno beneficiare della previsione sopraccitata. Ciò non pare, invece, possibile per entrambi i lavoratori contemporaneamente come nel caso prospettato delle due sorelle che assistono il padre anziano. Quanto appena riportato vale anche per i giorni di permesso in quanto se si opinasse diversamente i giorni diventerebbero sei con riferimento ad un solo soggetto disabile.